Museo Archeologico Ferruccio Barreca

Deve il suo nome all'archeologo Ferruccio Barreca, e si trova sul lato nord della città di Sant'Antioco, nella zona archeologica del Tofet: il suo progetto moderno è stato avviato nel 1970 e completato definitivamente nel gennaio 2006. Ospita, in ordine cronologico e tematico, una ricca collezione di materiali e manufatti dalla città più antica della Sardegna (ora Sant'Antioco, anticamente Sulki), proveniente dal vecchio abitato della necropoli sotterranea e dal Tofet. Copre centinaia di anni di storia, con una vasta mostra di importanti reperti di antiche culture, partendo dal neolitico, attraversando la cultura dei nuraghi, degli insediamenti punici e fenici, fino all'ultimo periodo dell'Impero Romano. Offre ai visitatori uno studio unico nel suo genere di quelle civiltà. La parte principale della collezione deriva dall'importante insediamento urbano costruito sulle coste orientali dell'isola di Sant'Antioco, all'inizio dell'VIII secolo a.C., conosciuta con il nome di Sulky, o Sulci. La collezione fenicia e punica è di rara bellezza, e comprende raffinati pezzi in terracotta, bottiglie di profumo e splendidi gioielli. In epoca fenicia e punica i defunti venivano sepolti con i loro effetti personali: è il motivo per cui le tombe ritrovate erano particolarmente ricche di reperti. Nelle sale uno e due ci sono due schermi che mostrano immagini relative alle civiltà fenicia e punica della Sardegna e di Sant'Antioco. Un video di 20 minuti spiega tutti i siti dell'isola. In una nicchia del museo sono esposti modelli di antiche navi del periodo fenicio-punico, insieme con anfore trovate nella zona del porto antico. Le anfore venivano utilizzate, da Punici e Romani, in particolare per il trasporto di grano, vino e olio d'oliva. In mostra anche due grandi statue raffiguranti possenti leoni: probabilmente nel periodo punico queste statue erano situate di fronte alla porta principale della città, poi trasferite all'anfiteatro dove sono state trovate durante gli scavi, i loro musi già parzialmente spezzati. Queste statue furono in mostra a Palazzo Grassi, Venezia, nel 1988, nella grande esposizione, "I Fenici", insieme con quasi 1.000 oggetti provenienti da più di 25 musei in tutto il Mediterraneo, dove gli scavi in corso hanno gettato nuova luce sulla storia e la cultura di questi antichi commercianti del mare. Particolarmente interessante e prezioso, un bellissimo mosaico con due pantere che bevono da un grande cratere di vino, incorniciato da foglie di vite, un chiaro riferimento a Bacco. Il museo ospita anche una statuetta in bronzo che rappresenta un arciere con corazza e elmo decorato da lunghe corna: questo manufatto, risalente al IX secolo avanti Cristo, è di una bellezza eccezionale, e ha una storia travagliata; fu rubato a Sant'Antioco circa 50 anni fa e restituito alla collettività, grazie a lunghe ricerche e indagini, soltanto nel 2009.

Una vasta area mostra materiali e stele votive del vicino Tofet, un luogo sacro a cielo aperto; le stele venivano offerte in segno di riconoscenza per i favori ricevuti dalla divinità. L'immagine che viene scolpita in queste pietre è di solito una figura femminile tra due colonne e il frontone di un tempio. Questa figura è spesso rappresentata con le mani sul petto, come simbolo di fertilità. Alcune contengono anche iscrizioni in fenicio o punico ad esprimere la gratitudine del donatore. Le ceramiche, realizzate in argilla gialla o rossa e a volte decorate con una semplice striscia, sono principalmente brocche e piatti che contenevano il cibo che doveva accompagnare i morti nel loro viaggio. Un certo numero di teche contengono preziosi amuleti, in vetro o avorio, che sono stati trovati nelle tombe: scarabei e piccole figure di dei egiziani avevano la funzione di proteggere il defunto. Il Tofet, dedicato alla dea della fertilità Tanit, o Astarte, e probabilmente anche a Ba'al Hammon, la divinità maschile, durante l'epoca punica veniva utilizzato per le urne funerarie dei neonati nati morti o dei bambini deceduti in tenera età. Cartagine sotto i Fenici fu accusata dai suoi avversari romani di effettuare sacrifici di bambini nei Tofet, ma gli scettici sostengono che i corpi dei bambini ritrovati in questi cimiteri erano soltanto i resti cremati di bambini morti naturalmente, e che pertanto il Tofet avesse unicamente una funzione civile e religiosa. Molto utile dal punto di vista educativo è la ricostruzione all'interno del museo che rappresenta una sezione del Tofet con le sue urne funebri.

La Cooperativa Archeotur gestisce le visite sul posto, con laureati qualificati che vi accompagneranno con competenza e passione. E' possibile vedere anche l'area di sepoltura all'aperto del Tofet. Di fronte alla struttura c'è un ampio parcheggio.

Merita una visita. http://www.archeotur.it/santantioco/it/museo-archeologico.html per ulteriori informazioni e immagini e per il tour virtuale di questo museo.